Racconti in città/Davanti
Davanti
Brutto avere settantacinque anni.
Settantacinque anni e l’artrosi.
Ti costringe a camminare con la schiena curva e la testa china, l’artrosi cervicale.
E a guardare per terra.
Non è un bel guardare, ma ha i suoi vantaggi.
Essere costretti a guardare per terra ti porta a schivare cacche, sputi, arance marcite, avanzi di rosticceria abbandonati chissà quando, chissà da chi.
Guardare perennemente per terra non è un bel guardare.
Gli occhi delle persone che incroci, mica riesci a vederli.
D’altronde, se anche riuscissi a guardarli negli occhi, i passanti che incrocio, non ne riceverei in cambio un altro sguardo, o un sorriso.
Quando si hanno settantacinque anni, si diventa invisibili.
Gli occhi dei bambini, quelli sì, ogni tanto, riesco a scorgerli entro il campo visivo consentitomi dalla postura. Per qualche istante, prima che vengano trascinati via dal passo veloce degli adulti che li tengono per mano, i bambini rispondono al mio sguardo, incuriositi da questa vecchia carcassa che si trascina lenta con le spalle ricurve. Prima diffidenti, poi sorridono. Sorrido anch’io, e per un istante mi sento felice.
Per il resto, vedo carte, cartacce, cartoni, sputacchi, cacche, cicche, rifiuti. Rifiuti. Rifiuti.
E pensare che sono nato in una città di mare, e che da ragazzo ero dritto come un fuso.
Dritto. E dritto mi piaceva guardare. Dritto davanti a me.
L’orizzonte.
Cinzia Micci
Roma